Variazioni sul senso della ginnica o la riscoperta della Determinazione Primordiale dell’Essere
Possiamo intuire come la nostra identità rappresenti una sensibile sporgenza provvisoria scaturita dal Nulla.
Siamo stati generati dal mistero compenetrante la totalità della vita
Dove ieri non eravamo domani non saremo.
Ciò che ci preesiste è la sola intuizione splendente del sogno primordiale che e' la medesima del mito, delle sue contraddittorie, (prodigiose e paurose) potenze aurorali, da cui scaturisce ogni cosa visibile quanto invisibile.
Siamo stati generati dal mistero compenetrante la totalità della vita
Dove ieri non eravamo domani non saremo.
Ciò che ci preesiste è la sola intuizione splendente del sogno primordiale che e' la medesima del mito, delle sue contraddittorie, (prodigiose e paurose) potenze aurorali, da cui scaturisce ogni cosa visibile quanto invisibile.
L'essenziale competenza fisica propria dell’esercizio ginnico,
equivale al possibile lavoro concreto su di se' che ogni praticante sincero
dimostrerà di saper svolgere subordinando il corpo allo spirito e serve a conferire una saldezza (seppur
momentanea) all’inconoscibile sopra
evidente in cui è riflessa nella stessa identità pre-egoica (la sua identita' segreta).
Questa possibile percezione di solidità e forza
benevola, è quanto mai preziosa per ri-evocare in noi stessi l’intuizione della
pura libertà, per ri-scoprire l’autonomia dell’essere, riconoscendo in tale circostanza il
fondamento stesso del nostro bene maggiormente prezioso.
Nondimeno teniamo a mente che siamo i discendenti di una stirpe
d'argilla, destinati ad andare in frantumi ai minimi urti del Fato.
Questa consapevolezza non deve deprimere quanti la interiorizzano, ma esaltare l’animo rivestito dal caduco involucro terreno, indirizzando gli esiti ultimi dell’esistenza verso una maggiore finalità.
Questa consapevolezza non deve deprimere quanti la interiorizzano, ma esaltare l’animo rivestito dal caduco involucro terreno, indirizzando gli esiti ultimi dell’esistenza verso una maggiore finalità.
La ginnica non deve essere un pretesto di distrazione, pervertendosi ad una mera ostentazione, ma deve servire ad acuire la concentrazione sul dato vivente
essenziale.
Platone, non a caso, diede perciò grande rilevanza
all’educazione fisica, che riteneva essere il principio di conservazione e di
raccordo ideale con le virtù e i valori espressi dalla più robusta età arcaica.
Il lavoro su di sé, in fondo, anche oggi, non
dovrebbe differire troppo dalle aspirazioni di chi un tempo era partecipe dei
Sacri Misteri, desiderando iniziarsi ad un’esistenza
maggiormente pura e degna, nella ferma volontà (la maggior
fermezza e convinzione al necessario trascendimento di sé, è dato
dall’ispirazione, il cui senso è corroso dall’odierno condizionamento mediatico
pop-ipnotico) di riuscire a infondere alla caduca presenza, in
cui l’esistenza terrena è irrimediabilmente circoscritta, una qualità austera,
propriamente radiante, in grado d’infondere la miglior saldezza possibile alla
transitorietà in cui siamo intagliati, quasi a sfavillare la consapevolezza di un ampliamento propriamente
veggente, (la cripto-veggenza che è propria della primordiale intelligenza interna ai tendini e le ossa – in cui è depositata l’atavica sensibilita' minerale) ottemperando in tal modo, in ossequio all’estremo
ottenebramento arrecato all’animo dal tempo presente, all’idea pratica di una pura
Gnosi ferrigna, estremamente povera
di consistenza concettuale quanto ricolma di vitalità radiante.
Smantellato il basamento esteriore della Tradizione,
l’attuale corrente dissolutiva su cui viaggia la cosiddetta innovazione (progresso) sembra aver divelto
l’uomo di ogni valido sostegno metafisico, trascinando via i suoi eminenti
riferimenti simbolici, lasciando l’individuo contemporaneo vuoto di valori e
completamente nudo, solo, di fronte all’immane rivolgimento epocale in atto.
In questo senso, il presente assetto tecnocratico,
economicistico e industriale, che domina i ritmi del divenire, non fa altro che
affossare ad un punto depressivo finora mai sperimentato prima la nostra già
diminuita consapevolezza.
Disperso nella vastità del flusso universale, in
balia di correnti insensate e privo di riferimenti certi, come desolato
naufrago nell’oceano scintillante del Cosmo, l’uomo rimane penosamente
aggrappato all’unico legno della sua tragedia infinita.
Aggrappato appunto a forza di braccia, e, a un dato
momento, la tensione bicipite può e deve divenire educazione stessa della fonda
disperazione dell’animo.
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