mercoledì 18 luglio 2018

Luce della Gnosi: appunti sull'intrappolamento percettivo


“Gli angeli che hanno creato il mondo stabilirono “giuste azioni” per condurre l’uomo in schiavitù con tali precetti”
(Simon Mago)
Nei papiri magici greco-egiziani di età Alessandrina, i cui testi furono indubbiamente attinti da tradizioni anteriori, scaturite da arcaiche esperienze estatico-veggenti, Uomo e Cosmo costituiscono un unico Avvenimento: un unico enigma, in cui il sole è identificato con gli inferi – Helios congiunto ad Hades – quale allegoria esemplare delle remote profondità dell’animo.
Lo spirito della tradizione sotterranea del Sole e degli elementi a lui affini, attraversa il mondo indoeuropeo arrivando a riflettersi nell’alchimia della tarda antichità, le cui supreme investigazioni si protrassero fino al secolo dei Lumi.
Le consuete distinzioni tra superiore ed inferiore, celeste e terrestre, sono abolite in complesse rifrazioni simboliche racchiuse da multiformi allegorie istituite sulla morte e la rinascita splendente, il cui fitto intreccio ermetico penetra nei misteri stessi del cristianesimo.
Un misterico motivo di Salvezza che fu mutuato dai più antichi culti orfici della Luce evocata nelle profondità delle tenebre, (le tenebre sopralucenti) la cui eminente nozione, sebbene in differente credo, costituì il fondamento sapienziale di tutta la Gnosi antica.
L’espressione vitale concernente la comprensione di tali insegnamenti, riguarda ciò che valorizza l’originaria tensione spirituale che, in un tempo prima del tempo, ‘scosse’ il principio immateriale determinandone la ‘frattura’ da cui eruppe la vita manifesta. 
Dal magma primordiale che determinò la gravità incandescente delle stelle scaturiscono le nostre sinapsi mentali e il ritmo cardiaco stesso.
Con ogni certezza possiamo anche ritenere essere preesistente allo stesso ‘furente’ calore primigenio la radianza della coscienza, determinante negli intervalli del battito e del respiro l’indefinita sospensione dell’incanto e assieme, straordinariamente impiantato in esso, l’inganno emotivo-percettivo che ci salda tenacemente alla dimensione presente.
A tal proposito si menzionano le considerazioni di David Icke, del quale personalmente ho da sempre diffidato, ma in ultimo, non posso non riconoscere che determinate sue valutazioni, prevalentemente desunte dalla cosmogonia gnostica, sembrano essere le uniche valide per decifrare la realtà contraddittoria che anima la vita del Cosmo.
L’assunto parte dal fondato presupposto che l’attuale piano dimensionale (la manifestazione fisica) sia una pura illusione, e tale considerazione trova coincidenza con il sapere comune a tutte le culture antiche.
Secondo le religioni orientali il mondo fisico/mentale è Maya =  illusione percettiva.
L’autore John Lamb Lash, nel libro Non a sua immagine, (Uno editori, 2013) più volte citato dallo stesso Icke, riassume efficacemente tale dottrina, prevalentemente contenuta nei testi gnostici di Nag Hammadi.
Sebbene le entità preterdimensionali conosciute come Arconti, non siano in grado di dare origine ad alcunché difettando del fattore divino dell’ennoia = intenzionalità, sono accaniti imitatori ed esperti nella simulazione (HAL = realtà virtuale).
Il Demiurgo diede l’impronta a un mondo celeste maldestramente ricalcato dalle superiori tracce iridescenti che preesistono al tutto e, conseguentemente a ciò il nostro specifico campo energetico dimensionale può qualificarsi come una im-pura simulazione virtuale; specificamente ideata per intrappolare la nostra essenza mediante una continua distorsione percettiva, realizzata da un’accurata manipolazione delle frequenze; poiché appunto è scritto, certamente non a caso, che ‘in principio fu il Verbo’.  La frase incipit del vangelo giovanneo, trova assonanza nel sanscrito “Nada Brahama” =  “Il mondo è suono”. Tra l’altro è riscontrata la straordinaria assonanza fra la parola latina ‘verbum’ (verbo) e la parola vibrazione.
Gli gnostici ritenevano l’uomo come un coagulo della primordiale scintilla divina, un tragico addensamento e conseguente ottenebramento della Consapevolezza infinita, precipitata (per inesplicabili motivi di cui solo un’astrusa allegoria poteva dar conto) nello stato di ‘bassa frequenza’ che ne determina il grave appesantimento e, dunque, la fondissima prigionia.
Dall’evento mitico della Caduta in poi, il Demiurgo e gli Arconti manipolano costantemente la matrice, distorcendone le onde di forma per farle aderire alla loro stessa innata distorsione.
Ma l’opera di contraffazione non poté essere totalmente pervasiva e, pertanto, all’interno della matrice corrotta sussistono comunque gli elementi incorruttibili provenienti dalla preesistente ‘sorgente’ ineffabile, (ciò che Icke definisce la Consapevolezza infinita) la cui infinitesimale traccia elettiva residuale è sepolta nella complessa interiorità umana; smarrita all’interno del labirinto frattale della creazione.

La natura è replicata su schemi frattali e questi possono essere considerati come il supporto emanativo della contraffazione demiurgica.
Afferma Icke: i frattali sono descritti come una vera e propria rete della vita, mentre sarebbe più appropriato affermare che essi formano la rete informazionale della simulazione.
I frattali esistono ad ogni livello della realtà misurabile, dalla dimensione quantica a quella cosmica e molto probabilmente stiamo comprendendo che la coscienza umana aderisce alla realtà presente tramite un ‘profondo’ portale, la cui interconnessione è attivata dalla ramificazione del DNA strutturato attraverso la rete frattale.
Secondo lo studioso Mandelbrot, le relazioni instaurate tra frattali e natura sono più profonde di quanto si creda e dichiara: ‘Si ritiene che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze con la struttura della mente umana, è per questo che la gente li trova così familiari. Questa familiarità è ancora un mistero e più si approfondisce l'argomento più il mistero aumenta.
Ritorna l’antico adagio ermetico del come in alto così in basso, ma che dovremmo decifrare come un grave monito piuttosto che cogliere in esso una consolante riflessione.
La luce della Gnosi, riverbera di un diverso risalto il tema pitagorico delle ‘sfere celesti’, il cui riferimento preminente nella letteratura classica è fornito da Platone nel libro X della Politeia, dove il redivivo Er narra ciò che vide e ascoltò trovandosi al cospetto del fuso di Ananke, (la Necessità) Colei che presiede all’incessante rivoluzione dei cieli e che dovremmo pertanto ritener essere l’allegoria stessa dell’instancabile opera tessitrice delle infinite illusioni rileganti l’animo all’inganno percettivo materiale quanto eterico.

Il tema della stupefacente prigionia interstellare toccata in sorte all’Uomo è pertanto riferita dalla dottrina matematico-musicale della panpsiche esposta nel Timeo (il più pitagorico dei dialoghi platonici) e riflessa nello stesso testo del Somnium ciceroniano, in cui l’animo esterrefatto fluttua nella dimensione astrale, dove più d’ogni altra circostanza dimostra di ammirare i motivi reconditi della sua stupefacente reclusione planetaria fatalmente sottoposta alla continua sorveglianza di elusive entità preternaturali; (i cosiddetti dèi) che le impongono sin dagli ancestrali primordi della vita indissolubili vincoli conoscitivi.
Per questo la sapienza antica, rielaborata in parte nel credo pitagorico, molto presumibilmente saldato ai motivi dell’inganno primordiale orchestrato dal demiurgo, intese l’interazione dell’anima con il tutto realizzata unicamente per mezzo dell’armonia-ipnosi o attraverso una corruzione stessa dell’estasi, cadenzata dall’armonia ritmica dei suoni, la cui progressiva manomissione/distorsione determina l’alterazione delle frequenze strutturanti la nostra ‘gabbia percettiva’.
Modulazioni sonore (onde di forma) percepite come l’ineccepibile coerenza che forma l’infinita griglia geometrica universale, dove trovano ragguardevole fusione le diverse cadenze dei ritmi maggiori e minori, tanto dei cieli esteriori quanto di quelli interiori; che sono propri alla coscienza individuale del singolo.
Per i pitagorici l’armonia ha senso poiché congiunge sensibilmente due o più parti di un insieme e quest’insieme va considerato come la molteplicità di mondi invisibilmente connessi l’uno altro mediante una progressione che via via, come emergendo da una fucina increata, compone l’evidenza manifesta.
Ma già Eraclito nel frammento 88 esprime il suo parere discorde sulla dottrina del filosofo di Samo: “Pitagora di Mnesarco attese alla ricerca più di ogni altro uomo, e fatta raccolta dei libri ad essa dedicati, trasse da quelli la sua sapienza, il suo sapere molte cose è la sua arte di frode”.
Secondo l’Oscuro di Efeso, Pitagora escogitò nient’altro che una nuda erudizione e una kakotechnien, letteralmente ‘mala arte’ o ‘arte di frode’, volendo avvalorare ‘un brutto artificio’, una tecnica sostanzialmente scellerata poiché convalidante gli esiti negativi dell’orchestrato inganno universale, non avendo perciò insegnato agli uomini a vedere oltre la geometrica sincronia che regola perfettamente le ragioni ancestrali della loro formidabile reclusione cosmica.
In ogni caso l’idea di ordine non ha senso se non contempla in sé la giusta interazione tra la molteplicità dei possibili ‘stati dell’essere’.

I predatori energetici dovettero persuaderci a completare l’opera di distorsione, convincendoci a divenire i loro docili e inconsapevoli schiavi.
Dall’ultimo Diluvio per approdare alle rive dell’oggi, una lenta ma costante manipolazione ha agito attraverso la nostra psiche, caratterizzando la nostra attenzione su particolari della realtà sempre più parcellizzati, determinando in cio' un frazionamento cognitivo scaduto nell’ossessività della tecnica che è riuscita, se così si può dire, a perfezionare ad una misura inaudita la distorsione originaria operata dagli Arconti.
Ciò ha fatto si che la dimensione presente scadesse le frequenze vitali ad un livello estremamente più basso e nell’acuita insensibilità del temperamento umano potesse trovare sicuro innesto l’assemblaggio hi-tech, dove la conseguente manipolazione genetica del corpo-computer assolve all’unico scopo di sintonizzare-invischiare la coscienza dentro una griglia cognitiva puramente fantasmica; in cui è consumata la dispersione emotivo-energetica della nostra più preziosa facoltà.
Solo l’uomo poteva perfezionare gli esiti della sua provocata Caduta.
Solo noi potevamo dare l’ultimo assentimento alla sottrazione della consapevolezza residua ed è questa la funzione cui assolve l’odierna tecno-scienza e ora sembra non esserci più rimedio.



La trasmutazione alchemica, pertanto, (cosa questa affatto secondaria) non può che originare unicamente da un principio/barlume intuitivo, che intende rettificare la distorsione demiurgica e la cui ardente gemma sapienziale va custodita (propriamente ‘covata’) nel luogo maggiormente segreto di noi stessi, la dove, peraltro, risiede la medesima inclinazione di Salvezza spirituale, il cui senso profondo è rilegato all’istintiva – ingenua/ingenita – facoltà di recondita assonanza dell’animo all’emanazione luminosa preesistente le dinamiche furiose e voraci di una creazione perennemente agita dallo scontro di forze uguali e contrarie.
Nell’uomo, la sua perspicacia superiore sopravanza infinitamente le contingenze materiali legate all’istinto di una sopravvivenza solo terrena, ed è rivelata da un’attenzione convenientemente aperta sulle dinamiche dell’allegoria chiaroscurale che avvolge di una inesauribile mutevolezza la manifestazione attuale.
La luce fisica determina gli ordinari parametri di misura della realtà, che sussiste quasi fosse posta in bilico in un perenne e articolatissimo contrasto di luci e ombre in cui è accortamente nascosto il presagio della Trasmutazione interiore = Seconda Nascita; concepita come tragica contraddizione insita nell’ordine preordinato delle circoscritte ciclicità naturali, in cui solo l’uomo prefigura in sé la possibile attuazione dell’impossibile.
Nella tradizione cristiana tale sarebbe il Corpo diGloria paolino (corpo di luce menzionato in Cor. I 15,50) e che successivamente il cattolicesimo ha travisato in una dottrina ingannevole, estendendo tale possibilità realizzativa, la quale, (è bene ricordare) rientra nel dominio puramente iniziatico (il cui ottenimento assolve al significato di un’autentica Odissea interiore, la quale, con molta probabilità, può protrarsi anche per la durata di più esistenze) a chiunque subordinasse la propria coscienza all’entità metafisica di riferimento, altrimenti anche detta come Padre celeste (il Dio Sòter) il quale, in forza della sola sottomissione dei credenti e, di fatto, a sua imperscrutabile volontà può estendere a tutto il genere umano, simultaneamente e incondizionatamente, la Grazia Divina che è garanzia stessa di Salvezza eterna.
Nelle religioni misteriche questo avveniva sì, grazie a tale connessione trascendente, ma il dio era simbolo del complesso procedimento che il miste doveva attuare in sé, e solo al termine di questo incerto sviluppo si poteva intravedere l’effettiva ri-nascita a nuova Vita, la compiuta re-surrectio, per quanti ne fossero effettivamente in grado.
Nella creazione della religione essoterica, fu invece assunto che tale azione misterica non la compivano gli iniziati, di volta in volta, ma veniva conseguita una sola volta per tutte nella storia, da un unico essere umano-divino e in virtù di quell’atto erano tutti automaticamente iniziati, trasfigurati e risorti.
Ma questa è pura illusione! Ancora più perniciosa fu l’assunzione assolutamente fuorviante e falsa che ogni uomo possiede ab origine un’anima immortale; quando questa è un puro germoglio che va saputo accrescere nella propria serra interiore.
Secondo il punto di vista tradizionale, l’anima dell’uomo ordinario è condizionata e destinata a decadere un certo tempo dopo la morte fisica. 
Solo l’iniziato che ha percorso sino in fondo l’opera di rigenerazione, almeno dei Piccoli Misteri, può giungere a realizzare il cosiddetto ‘Io immortale’; una convinzione questa situata al fuori di tutti quegli svianti spiritualismi consolatori.
Sicché, possiamo avvederci di come il Cattolicesimo attuale sia da considerare un completo travisamento del simbolo del Cristo. Una dottrina ingannevole che rappresenta una grave perdita di contenuto metafisico rispetto al fondamento originario e per questo suscitò le legittime ripulse dei filosofi platonici, degli iniziati antichi (tra essi gli gnostici).
Data questa caduta di potenziale, in sostanza, il Cristianesimo attualmente risulta un simbolo dal significato perduto, incomprensibile a chi lo ha ereditato: La Chiesa.
Tecnicamente, il Cristianesimo è offerto come una pura superstizione, e tale qualifica non presenterebbe neppure alcun intento denigratorio, poiché davvero esso si presenta come tale: ovvero, una super-stitio, che è la degradata rimanenza popolare di un sistema spirituale antico e ormai decomposto, di cui restano parti non più organicamente collegate e, pertanto, è una dottrina non più funzionale alla Salvezza dell’uomo, ma, casomai, più confacente a determinarne un insolvibile intrappolamento spirituale.

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