Luce della Gnosi: appunti sull'intrappolamento percettivo
“Gli
angeli che hanno creato il mondo stabilirono “giuste azioni” per condurre
l’uomo in schiavitù con tali precetti”
(Simon
Mago)
Nei papiri magici greco-egiziani di età
Alessandrina, i cui testi furono indubbiamente attinti da tradizioni anteriori,
scaturite da arcaiche esperienze estatico-veggenti, Uomo e Cosmo costituiscono
un unico Avvenimento: un unico enigma, in cui il sole è identificato con gli
inferi – Helios congiunto ad Hades – quale allegoria esemplare delle remote
profondità dell’animo.
Lo spirito della tradizione sotterranea del Sole e
degli elementi a lui affini, attraversa il mondo indoeuropeo arrivando a riflettersi
nell’alchimia della tarda antichità, le cui supreme investigazioni si
protrassero fino al secolo dei Lumi.
Le consuete distinzioni tra superiore ed inferiore,
celeste e terrestre, sono abolite in complesse rifrazioni simboliche racchiuse
da multiformi allegorie istituite sulla morte e la rinascita splendente, il cui
fitto intreccio ermetico penetra nei misteri stessi del cristianesimo.
Un misterico motivo di Salvezza che fu mutuato dai più antichi culti orfici della Luce evocata nelle profondità delle tenebre, (le
tenebre sopralucenti) la cui eminente nozione, sebbene in differente credo,
costituì il fondamento sapienziale di tutta la Gnosi antica.
L’espressione vitale concernente la comprensione di
tali insegnamenti, riguarda ciò che valorizza l’originaria tensione spirituale
che, in un tempo prima del tempo, ‘scosse’ il principio immateriale
determinandone la ‘frattura’ da cui eruppe la vita manifesta.
Dal magma primordiale che determinò la gravità incandescente
delle stelle scaturiscono le nostre sinapsi mentali e il ritmo cardiaco stesso.
Con ogni certezza possiamo anche ritenere essere
preesistente allo stesso ‘furente’ calore primigenio la radianza della coscienza,
determinante negli intervalli del battito e del respiro l’indefinita
sospensione dell’incanto e assieme, straordinariamente impiantato in esso, l’inganno emotivo-percettivo che ci salda tenacemente alla dimensione
presente.
A tal proposito si menzionano le considerazioni di
David Icke, del quale personalmente ho da sempre diffidato, ma in ultimo, non
posso non riconoscere che determinate sue valutazioni, prevalentemente
desunte dalla cosmogonia gnostica, sembrano essere le uniche valide per
decifrare la realtà contraddittoria che anima la vita del Cosmo.
L’assunto parte dal fondato presupposto che
l’attuale piano dimensionale (la manifestazione fisica) sia una pura illusione,
e tale considerazione trova coincidenza con il sapere comune a tutte le culture
antiche.
Secondo le religioni orientali il mondo
fisico/mentale è Maya = illusione
percettiva.
L’autore John Lamb Lash, nel libro Non
a sua immagine, (Uno editori, 2013) più volte citato dallo stesso Icke,
riassume efficacemente tale dottrina, prevalentemente contenuta nei testi
gnostici di Nag Hammadi.
Sebbene le entità preterdimensionali conosciute come
Arconti, non siano in grado di dare origine ad alcunché difettando del fattore
divino dell’ennoia = intenzionalità, sono accaniti imitatori ed esperti nella
simulazione (HAL = realtà virtuale).
Il Demiurgo diede l’impronta a un mondo celeste
maldestramente ricalcato dalle superiori tracce iridescenti che preesistono al
tutto e, conseguentemente a ciò il nostro specifico campo energetico
dimensionale può qualificarsi come una im-pura simulazione virtuale;
specificamente ideata per intrappolare la nostra essenza mediante una continua
distorsione percettiva, realizzata da un’accurata manipolazione delle frequenze;
poiché appunto è scritto, certamente non a caso, che ‘in principio fu il Verbo’. La frase incipit del vangelo giovanneo, trova assonanza nel sanscrito “Nada Brahama”
= “Il mondo è suono”. Tra l’altro è
riscontrata la straordinaria assonanza fra la parola latina ‘verbum’
(verbo) e la parola vibrazione.
Gli gnostici ritenevano l’uomo come un coagulo della
primordiale scintilla divina, un tragico addensamento e conseguente
ottenebramento della Consapevolezza infinita, precipitata (per inesplicabili motivi
di cui solo un’astrusa allegoria poteva dar conto) nello stato di ‘bassa
frequenza’ che ne determina il grave appesantimento e, dunque, la fondissima
prigionia.
Dall’evento mitico della Caduta in poi, il Demiurgo e
gli Arconti manipolano costantemente la matrice, distorcendone le onde di forma
per farle aderire alla loro stessa innata distorsione.
Ma l’opera di contraffazione non poté essere
totalmente pervasiva e, pertanto, all’interno della matrice corrotta sussistono
comunque gli elementi incorruttibili provenienti dalla preesistente ‘sorgente’ ineffabile,
(ciò che Icke definisce la Consapevolezza infinita) la cui infinitesimale
traccia elettiva residuale è sepolta nella complessa interiorità umana; smarrita
all’interno del labirinto frattale della creazione.
La natura è replicata su schemi frattali e questi
possono essere considerati come il supporto emanativo della contraffazione
demiurgica.
Afferma Icke: i frattali sono descritti come una
vera e propria rete della vita, mentre sarebbe più appropriato affermare che
essi formano la rete informazionale della simulazione.
I frattali esistono ad ogni livello della realtà
misurabile, dalla dimensione quantica a quella cosmica e molto probabilmente
stiamo comprendendo che la coscienza umana aderisce alla realtà presente
tramite un ‘profondo’ portale, la cui interconnessione è attivata dalla
ramificazione del DNA strutturato attraverso la rete frattale.
Secondo lo studioso Mandelbrot, le relazioni
instaurate tra frattali e natura sono più profonde di quanto si creda e
dichiara: ‘Si ritiene che in qualche modo i frattali abbiano delle corrispondenze
con la struttura della mente umana, è per questo che la gente li trova così
familiari. Questa familiarità è ancora un mistero e più si approfondisce l'argomento
più il mistero aumenta.
Ritorna l’antico adagio ermetico del come
in alto così in basso, ma che dovremmo decifrare come un grave monito
piuttosto che cogliere in esso una consolante riflessione.
La luce della Gnosi, riverbera di un diverso risalto
il tema pitagorico delle ‘sfere celesti’, il cui riferimento preminente nella
letteratura classica è fornito da Platone nel libro X della Politeia, dove il
redivivo Er narra ciò che vide e ascoltò trovandosi al cospetto del fuso di
Ananke, (la Necessità) Colei che presiede all’incessante rivoluzione dei cieli
e che dovremmo pertanto ritener essere l’allegoria stessa dell’instancabile opera
tessitrice delle infinite illusioni rileganti l’animo all’inganno percettivo materiale
quanto eterico.
Il tema della stupefacente prigionia interstellare
toccata in sorte all’Uomo è pertanto riferita dalla dottrina
matematico-musicale della panpsiche esposta nel Timeo (il più pitagorico dei
dialoghi platonici) e riflessa nello stesso testo del Somnium ciceroniano, in
cui l’animo esterrefatto fluttua nella dimensione astrale, dove più d’ogni
altra circostanza dimostra di ammirare i motivi reconditi della sua
stupefacente reclusione planetaria fatalmente sottoposta alla continua
sorveglianza di elusive entità preternaturali; (i cosiddetti dèi) che le
impongono sin dagli ancestrali primordi della vita indissolubili vincoli conoscitivi.
Per questo la sapienza antica, rielaborata in parte
nel credo pitagorico, molto presumibilmente saldato ai motivi dell’inganno
primordiale orchestrato dal demiurgo, intese l’interazione dell’anima con il
tutto realizzata unicamente per mezzo dell’armonia-ipnosi o attraverso una corruzione
stessa dell’estasi, cadenzata dall’armonia ritmica dei suoni, la cui progressiva
manomissione/distorsione determina l’alterazione delle frequenze strutturanti
la nostra ‘gabbia percettiva’.
Modulazioni sonore (onde di forma) percepite come l’ineccepibile
coerenza che forma l’infinita griglia geometrica universale, dove trovano
ragguardevole fusione le diverse cadenze dei ritmi maggiori e minori, tanto dei
cieli esteriori quanto di quelli interiori; che sono propri alla coscienza
individuale del singolo.
Per i pitagorici l’armonia ha senso poiché congiunge
sensibilmente due o più parti di un insieme e quest’insieme va considerato come
la molteplicità di mondi invisibilmente connessi l’uno altro mediante una
progressione che via via, come emergendo da una fucina increata, compone
l’evidenza manifesta.
Ma già Eraclito nel frammento 88 esprime il suo
parere discorde sulla dottrina del filosofo di Samo: “Pitagora di Mnesarco attese alla
ricerca più di ogni altro uomo, e fatta raccolta dei libri ad essa dedicati,
trasse da quelli la sua sapienza, il suo sapere molte cose è la sua arte di
frode”.
Secondo l’Oscuro di Efeso, Pitagora escogitò
nient’altro che una nuda erudizione e una kakotechnien, letteralmente ‘mala
arte’ o ‘arte di frode’, volendo avvalorare ‘un brutto artificio’, una tecnica
sostanzialmente scellerata poiché convalidante gli esiti negativi dell’orchestrato
inganno universale, non avendo perciò insegnato agli uomini a vedere oltre la geometrica
sincronia che regola perfettamente le ragioni ancestrali della loro formidabile
reclusione cosmica.
In ogni caso l’idea di ordine non ha senso se non
contempla in sé la giusta interazione tra la molteplicità dei possibili ‘stati
dell’essere’.
I predatori energetici dovettero persuaderci a
completare l’opera di distorsione, convincendoci a divenire i loro docili e
inconsapevoli schiavi.
Dall’ultimo Diluvio per approdare alle rive
dell’oggi, una lenta ma costante manipolazione ha agito attraverso la nostra
psiche, caratterizzando la nostra attenzione su particolari della realtà sempre
più parcellizzati, determinando in cio' un frazionamento cognitivo scaduto
nell’ossessività della tecnica che è riuscita, se così si può dire, a perfezionare ad una
misura inaudita la distorsione originaria operata dagli Arconti.
Ciò ha fatto si che la dimensione presente scadesse
le frequenze vitali ad un livello estremamente più basso e nell’acuita
insensibilità del temperamento umano potesse trovare sicuro innesto l’assemblaggio
hi-tech, dove la conseguente manipolazione genetica del corpo-computer assolve
all’unico scopo di sintonizzare-invischiare la coscienza dentro una griglia
cognitiva puramente fantasmica; in cui è consumata la dispersione
emotivo-energetica della nostra più preziosa facoltà.
Solo l’uomo poteva perfezionare gli esiti della sua
provocata Caduta.
Solo noi potevamo dare l’ultimo assentimento alla
sottrazione della consapevolezza residua ed è questa la funzione cui assolve
l’odierna tecno-scienza e ora sembra non esserci più rimedio.
La
trasmutazione alchemica, pertanto, (cosa questa affatto secondaria) non può che
originare unicamente da un principio/barlume intuitivo, che intende rettificare
la distorsione demiurgica e la cui ardente gemma sapienziale va custodita
(propriamente ‘covata’) nel luogo maggiormente segreto di noi stessi, la dove,
peraltro, risiede la medesima inclinazione di Salvezza spirituale, il cui senso
profondo è rilegato all’istintiva – ingenua/ingenita – facoltà di recondita
assonanza dell’animo all’emanazione luminosa preesistente le dinamiche furiose e
voraci di una creazione perennemente agita dallo scontro di forze uguali e
contrarie.
Nell’uomo, la sua perspicacia superiore sopravanza
infinitamente le contingenze materiali legate all’istinto di una sopravvivenza solo
terrena, ed è rivelata da un’attenzione convenientemente aperta sulle dinamiche
dell’allegoria chiaroscurale che avvolge di una inesauribile mutevolezza la
manifestazione attuale.
La luce fisica determina gli ordinari parametri di
misura della realtà, che sussiste quasi fosse posta in bilico in un perenne e
articolatissimo contrasto di luci e ombre in cui è
accortamente nascosto il presagio della Trasmutazione interiore = Seconda
Nascita; concepita come tragica contraddizione insita nell’ordine preordinato
delle circoscritte ciclicità naturali, in cui solo l’uomo prefigura in sé la possibile
attuazione dell’impossibile.
Nella tradizione cristiana tale sarebbe il Corpo diGloria paolino (corpo di luce menzionato in Cor. I 15,50) e che successivamente
il cattolicesimo ha travisato in una dottrina ingannevole, estendendo tale
possibilità realizzativa, la quale, (è bene ricordare) rientra nel dominio
puramente iniziatico (il cui ottenimento assolve al significato di un’autentica
Odissea interiore, la quale, con molta probabilità, può protrarsi anche per la
durata di più esistenze) a chiunque subordinasse la propria coscienza
all’entità metafisica di riferimento, altrimenti anche detta come Padre celeste
(il Dio Sòter) il quale, in forza della sola sottomissione dei credenti e, di
fatto, a sua imperscrutabile volontà può estendere a tutto il genere umano, simultaneamente
e incondizionatamente, la Grazia Divina che è garanzia stessa di Salvezza
eterna.
Nelle religioni misteriche questo avveniva sì,
grazie a tale connessione trascendente, ma il dio era simbolo del complesso
procedimento che il miste doveva attuare in sé, e solo al termine di questo
incerto sviluppo si poteva intravedere l’effettiva ri-nascita a nuova Vita, la
compiuta re-surrectio, per quanti ne fossero effettivamente in grado.
Nella creazione della religione essoterica, fu
invece assunto che tale azione misterica non la compivano gli iniziati, di
volta in volta, ma veniva conseguita una sola volta per tutte nella storia, da
un unico essere umano-divino e in virtù di quell’atto erano tutti
automaticamente iniziati, trasfigurati e risorti.
Ma questa è pura illusione! Ancora più perniciosa fu
l’assunzione assolutamente fuorviante e falsa che ogni uomo possiede ab origine
un’anima immortale; quando questa è un puro germoglio che va saputo accrescere
nella propria serra interiore.
Secondo il punto di vista tradizionale, l’anima
dell’uomo ordinario è condizionata e destinata a decadere un certo tempo dopo
la morte fisica.
Solo l’iniziato che ha percorso sino in fondo l’opera di rigenerazione, almeno dei Piccoli Misteri, può giungere a realizzare il cosiddetto ‘Io immortale’; una convinzione questa situata al fuori di tutti quegli svianti spiritualismi consolatori.
Solo l’iniziato che ha percorso sino in fondo l’opera di rigenerazione, almeno dei Piccoli Misteri, può giungere a realizzare il cosiddetto ‘Io immortale’; una convinzione questa situata al fuori di tutti quegli svianti spiritualismi consolatori.
Sicché, possiamo avvederci di come il Cattolicesimo attuale
sia da considerare un completo travisamento del simbolo del Cristo. Una
dottrina ingannevole che rappresenta una grave perdita di contenuto metafisico rispetto
al fondamento originario e per questo suscitò le legittime ripulse dei filosofi
platonici, degli iniziati antichi (tra essi gli gnostici).
Data questa caduta di potenziale, in sostanza, il
Cristianesimo attualmente risulta un simbolo dal significato perduto, incomprensibile
a chi lo ha ereditato: La Chiesa.
Tecnicamente, il Cristianesimo è offerto come una
pura superstizione, e tale qualifica non presenterebbe neppure alcun intento
denigratorio, poiché davvero esso si presenta come tale: ovvero, una super-stitio,
che è la degradata rimanenza popolare di un sistema spirituale antico e ormai
decomposto, di cui restano parti non più organicamente collegate e, pertanto, è
una dottrina non più funzionale alla Salvezza dell’uomo, ma, casomai, più confacente
a determinarne un insolvibile intrappolamento spirituale.
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