Amor e Eden
Uomo: prodigiosa e tragica commistione di stupefazione
e malattia, continua aspirazione di guarigione congiunta ad un evanescente
desiderio di realizzazione terrena, poi, inevitabile, sopraggiunge la morte.
Il raggio dell’inquietudine proietta sull’attuale
piano dimensionale l’ombra sbilenca di una coscienza ridotta davvero a mal
partito dalla pressione del Fato.
In un tratto del suo labirintico itinerario di Salvezza, millenni or sono, la coscienza fu attirata nell’orbita di una ‘stella nera’ che ulteriormente ne
condizionò il limite percettivo.
Sotto l’azione di questa opprimente gravità è
deformata l’idea stessa di Amore, lodato e cantato ma prevalentemente anticipato
alla vita cosciente come una triste menzogna variamente imbellettata; una parodia
entusiasmata nell’interiorità di ognuno che ne partecipa inconsapevolmente dominato
dalla propria ombra interiore.
La distorsione di Amore è manifestata da un’ingannevole
effervescenza che pervade la totalità dell’individuo, inebriandone la psiche in
un prolungato fremito d’incontenibile euforia, nella quale vorrebbe dilatarsi in ogni cosa ma la distorsione ancestrale, allegoricamente narrata nel racconto della caduta
mitica, devia l’ingenua aspirazione originaria di una beatitudine ultra cosmica
all’attenzione dell’attuale individualità contraffatta, (l’innesto emotivo
dell’ego operato sulla coscienza) che equivoca l’illusorio appagamento simultaneo di tutti i sensi materiali
con l’idea stessa di felicità e l’ottenimento della piena realizzazione
dell’essere, e quale abbaglio è più deleterio di questo per la
verità dello spirito?
E’ nell’incomprensione maggiormente fonda di questa
concitata partecipazione emotiva, di questo meschino slancio del desiderio destinato
a non poter valicare il nostro ridottissimo e davvero misero perimetro emotivo,
che arriviamo a nutrire la menzogna più grave, fino a custodire gelosamente in noi l’impulso
omicida maggiormente profondo e connesso alla stessa patologica matrice
passionale del Demiurgo squilibrato.
La falsificazione di Amore è l’inganno primordiale
che andrebbe smascherato una volta per tutte senza mezzi termini e senza troppi
giri di parole. Per essa troppo spesso l’uomo diviene l’aguzzino o la vittima
dell’altra identità che crede di amare e che invece vuole solo vampirizzare o
farsi vampirizzare e ciò accade perché in noi s’è impressa la ripetizione
ossessiva di un’attrattiva malata, fin dal tempo in cui i Vigilanti vollero per se' le figlie degli uomini: forse esse stesse intese quali allegorie dell'anima.
La distorsione del flusso di Amore (emanazione
preesistente alle dinamiche che attrassero le gravità dei mondi: quale sostanza
è maggiormente ineffabile e ingenua di questa?) è dirottata nella
ristretta dimensione dell’ego, inteso essere come il primissimo sigillo
impresso dal Demiurgo nel fondamento impalpabile ma ugualmente (maggiormente) reale
dell’uomo.
Il desiderio si apre alla vita nell’immagine di una
fioritura. Ogni fioritura è una pura attrattiva sensuale, effetto ammaliante di
un principio di corruzione atavica che trascinò l’immanenza dell’essente nelle
molteplici forme del divenire.
In un traslato sottile, nell’uomo, la fioritura del
desiderio ulteriormente fuorviato (ovvero piegato alle sole fisime dell’ego) è
come secernesse un catramoso polline emozionale, dal quale noi penosamente
distilliamo il micidiale nettare affettivo che avvelena la vita dell’animo.
Nostro malgrado, all’interno della serra dei
variopinti desideri, elaboriamo questa sorta di veleno delizioso e ardente, che
è la deleteria ambrosia di cui s’invischia la passione.
Tutta la natura vortica stringendosi attorno questo
nucleo vorace e spietato, affascinante e irresistibile, che è l’emanazione
stessa della primordiale irresoluzione emotiva del demiurgo geloso e omicida e
della stessa congerie delle sue ‘angeliche’ emanazioni deviate: gli Arconti.
Egli è Colui che impastando il fango ad altre misteriose
essenze iridescenti modellò l’Adamo per confinarlo in un ‘giardino delizioso’,
dove l’esigenza primaria fu quella d’instaurare con lui una relazione
essenzialmente coercitiva e morbosa.
Nell’Eden, inermi e nudi ci rivelammo posti al di
sotto la luce brutale del ricatto.
Quello fu un luogo fitto di ombre, disseminato di
nascondimenti e fingimenti e dove, al cospetto del Manipolatore/Creatore,
l’uomo innanzitutto imparò ad essere una creatura vile e deresponsabilizzata:
‘Chi!
Chi è stato?
Io
no! E’ stata lei che mi ha tentato! È solo lei la colpevole!
Ah
si eh! Non vi rendete conto di quanto gravi siano le vostre colpe! Allora tu
uomo faticherai amaramente, guadagnandoti il pane con il sudore della fronte e
tu donna partorirai con dolore!
Siamo noi che inconsapevolmente abbiamo esagonato (ESAGITATO
+ ESAGITAZIONE) la struttura emotivo-percettiva della
nostra cella dimensionale, ispessendone le vibrazioni dell’addensamento ad un
peso esistenziale difficilmente ancora sopportabile, ed è proprio sull’impossibilità
di sostenere ulteriormente l’aberrazione portata da questo insostenibile modello
di sviluppo in cui siamo confinati, che ambiguamente agisce con sempre maggiore
efficacia l’ultimo adescamento transumanista, impiantando i motivi di un’ulteriore
degradazione cognitiva contrabbandata come il più auspicabile motivo di emancipazione.
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