giovedì 12 aprile 2018

L’inganno del tradizionalismo


Quando gli effetti dell’azione distruttrice (genericamente definita come ‘innovazione’) presentano una notevole degradazione, tanto da suscitare un moto di reazione nelle sensibilità maggiormente attente, queste, non facendo parte della categoria desensibilizzata che detiene le leve decisionali del potere, attueranno la reazione al decadimento imperante cercando sostegno in quegli organismi politici cosiddetti ‘alternativi’ i quali in realtà sono preordinati dalle medesime forze dissolutive.
Tali apparati che si pongono all’opposizione del potere costituito, in definitiva realizzano null'altro se non una sua una opacizzata differenziazione, talvolta, camuffando la propria identità anche dietro un apparato simbolico che richiama nel ‘passato tradizionale’ i suoi punti di riferimento basilari.
Generalmente, ciò che s’invoca a gran voce, è di poter applicare una maggiore efficienza alla spinta innovatrice, nell’intenzione di voler trovare soluzioni ottimali per la ‘crescita’ del Paese, senza peraltro dimostrare di comprendere quale aberrante squilibrio provochi il perseguimento della ‘crescita’ modernamente intesa.
In realtà, ciò che si offre è sempre e solo una pura falsificazione, che attua le medesime influenze nefaste presenti nel male contro cui s'è dichiarato di agire e, dunque, col risultato di affossare sempre più pesantemente la società di massa in quella fonda decadenza dalla quale era manifestato l’intento di volerla risollevare.
Questo è l’aspetto multiforme del moderno principio economicistico, affermatosi dopo la rivoluzione industriale della seconda metà del ‘700, basato sul dogma inossidabile dell’innovazione tecnica, dove il regime produttivo sconsideratamente sostenuto dall’ossessivo sfruttamento delle risorse disponibili, dimostra di non conoscere alcun limite alla sua azione livellatrice. 

La tattica maggiormente scaltra, applicata da questa forma di macroscopica alterazione degli equilibri vitali, negli ultimi decenni è stata usata con successo in campo politico quanto in quello cosiddetto spirituale.
Gli aspetti maggiormente grotteschi della parodia ideologica coniugata alla concezione stessa di ‘progresso’, si rivelano anche nelle diverse estrinsecazioni dichiarate dal tradizionalismo moderno nella sua aspirazione, prevalentemente confusa, di un ipotetico ritorno alla tradizione; vale a dire del recupero di un ordine gerarchico incentrato su valori trascendenti.
Qualora mai fosse esistito nella storia un esempio simile e con ogni certezza dovremmo ritenere di si, tale realtà, sebbene chiaroscurata di atroci contraddizioni quanto di molteplici ‘interferenze’, attualmente (nell’ultimo tratto del presente Ciclo dissolutivo) non sarebbe per nulla attuabile.
E’ la realtà della ‘macchina’, l’uniformità indifferente dei suoi ritmi accelerati, indissolubilmente congiunti alla sistemazione della società di massa, che costituisce la sostanza di un sigillo ferrigno apparentemente invincibile e che nell’uomo contrasta la sua possibilità di riallinearsi (singolarmente e meno che mai coralmente) a determinate ‘frequenze elettive’ insite nel fluire della controversa manifestazione naturale.

Il tradizionalismo, dunque, andrebbe considerato come una bassa demagogia poiche' invocando retoricamente l’ombra delle forme tramandate dai Padri, di fatto, intriso com'e' di becero convenzionalismo, dimostra di rimanere completamente estraneo al loro spirito.
Il tradizionalismo è indice di miopia intellettuale, costituendo solo una stolta deviazione dei principi maggiormente puri ai quali solo superficialmente dichiara di volersi ispirare; pertanto, confondendo la nobiltà del ‘costume’ con la routine e sostituendo la ‘norma aurea’  con lo slogan e il più gretto particolarismo.
Lo stesso estremismo politico, nella società moderna si configura come l’estensione periferica maggiormente efficace posta a tutela di sopravvivenza delle forze controiniziatiche, a costituirne una formidabile garanzia, poiché l’eclatante sovversione che paventa, di fatto, rappresenta la forma migliore di mantenimento dell’(dis)ordine costituito, (una sovversione artificiale ammantata di potentissimi elementi seduttivi) convogliato con esasperante efficienza nei saldi argini dell’inconsapevole consenso massificato, che ne amplifica la spinta devastatrice.