L’inganno del tradizionalismo
Quando gli effetti dell’azione distruttrice
(genericamente definita come ‘innovazione’) presentano una notevole
degradazione, tanto da suscitare un moto di reazione nelle sensibilità
maggiormente attente, queste, non facendo parte della categoria
desensibilizzata che detiene le leve decisionali del potere, attueranno la
reazione al decadimento imperante cercando sostegno in quegli organismi
politici cosiddetti ‘alternativi’ i quali in realtà sono preordinati dalle
medesime forze dissolutive.
Tali apparati che si pongono all’opposizione del
potere costituito, in definitiva realizzano null'altro se non una sua una opacizzata differenziazione, talvolta,
camuffando la propria identità anche dietro un apparato simbolico che richiama
nel ‘passato tradizionale’ i suoi punti di riferimento basilari.
Generalmente, ciò che s’invoca a gran voce, è di poter
applicare una maggiore efficienza alla spinta innovatrice, nell’intenzione di voler
trovare soluzioni ottimali per la ‘crescita’ del Paese, senza peraltro
dimostrare di comprendere quale aberrante squilibrio provochi il perseguimento
della ‘crescita’ modernamente intesa.
In realtà, ciò che si offre è sempre e solo una pura
falsificazione, che attua le medesime influenze nefaste presenti nel male
contro cui s'è dichiarato di agire e, dunque, col risultato di affossare sempre
più pesantemente la società di massa in quella fonda decadenza dalla quale era manifestato
l’intento di volerla risollevare.
Questo è l’aspetto multiforme del moderno principio
economicistico, affermatosi dopo la rivoluzione industriale della seconda metà
del ‘700, basato sul dogma inossidabile dell’innovazione tecnica, dove il regime produttivo sconsideratamente sostenuto dall’ossessivo sfruttamento delle
risorse disponibili, dimostra di non conoscere alcun limite alla sua azione livellatrice.
La tattica maggiormente scaltra, applicata da questa forma di macroscopica alterazione degli equilibri vitali, negli ultimi decenni è stata usata con successo in campo politico quanto in quello cosiddetto spirituale.
La tattica maggiormente scaltra, applicata da questa forma di macroscopica alterazione degli equilibri vitali, negli ultimi decenni è stata usata con successo in campo politico quanto in quello cosiddetto spirituale.
Gli aspetti maggiormente grotteschi della parodia
ideologica coniugata alla concezione stessa di ‘progresso’, si rivelano anche nelle
diverse estrinsecazioni dichiarate dal tradizionalismo moderno nella sua aspirazione,
prevalentemente confusa, di un ipotetico ritorno alla tradizione; vale a dire del
recupero di un ordine gerarchico incentrato su valori trascendenti.
Qualora mai fosse esistito nella storia un esempio simile
e con ogni certezza dovremmo ritenere di si, tale realtà, sebbene chiaroscurata
di atroci contraddizioni quanto di molteplici ‘interferenze’, attualmente (nell’ultimo
tratto del presente Ciclo dissolutivo) non sarebbe per nulla attuabile.
E’ la realtà della ‘macchina’, l’uniformità
indifferente dei suoi ritmi accelerati, indissolubilmente congiunti alla
sistemazione della società di massa, che costituisce la sostanza di un sigillo
ferrigno apparentemente invincibile e che nell’uomo contrasta la sua
possibilità di riallinearsi (singolarmente e meno che mai coralmente) a
determinate ‘frequenze elettive’ insite nel fluire della controversa
manifestazione naturale.
Il tradizionalismo, dunque, andrebbe considerato come una bassa demagogia poiche' invocando retoricamente l’ombra delle forme tramandate dai Padri, di fatto, intriso com'e' di becero convenzionalismo, dimostra di rimanere completamente estraneo al loro spirito.
Il tradizionalismo è indice di miopia intellettuale,
costituendo solo una stolta deviazione dei principi maggiormente puri ai quali
solo superficialmente dichiara di volersi ispirare; pertanto, confondendo la
nobiltà del ‘costume’ con la routine e sostituendo la
‘norma aurea’ con lo slogan
e il più gretto particolarismo.
Lo stesso estremismo politico, nella società moderna
si configura come l’estensione periferica maggiormente efficace posta a tutela di sopravvivenza delle forze
controiniziatiche, a costituirne una formidabile garanzia, poiché l’eclatante
sovversione che paventa, di fatto, rappresenta la forma migliore di mantenimento dell’(dis)ordine costituito, (una sovversione
artificiale ammantata di potentissimi elementi seduttivi) convogliato con esasperante efficienza nei saldi argini dell’inconsapevole consenso massificato, che ne
amplifica la spinta devastatrice.
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