Cristo e l'identità geniale
Gli
antichi veggenti scoprirono nei loro cuori il legame – bandhu – del manifesto –
sat – nel non manifesto (asat)
(Rgveda
,1.129.4)
L’ideazione cristica, la sua sapienzialità,
rivestita metaforicamente del potenziale ideativo della parabola, può rendersi straordinariamente
viva in noi. L’allegoria vuole Gesù, essere generato da madre vergine, tale
indicazione specifica l’ideazione eminentemente Ingenua
connaturata all’essenza divina, (Ingènuus, In + Geno = io genero, genero in me)
che è una qualità accortamente riconosciuta come assicurazione di nobiltà
d’animo, di schiettezza, di sincerità.
Le origini incorrotte sono proprie all’essere
In-genuo, una qualità questa non a caso attribuita a molte altre nascite divine
precristiane, le quali, poi, altro non sarebbero che estensioni emblematiche,
più o meno alterate, del sublime predicato interiore agente nell’uomo. La
prerogativa enigmatica dell’uomo è appunto quella di aspirare a realizzare se
stesso, come identità autenticamente libera
in sé stessa, (libero da se stesso) successivamente alla “caduta”
come identità poeticamente centrata, rinsaldata all’ispirazione splendente; non
a caso fu detto: “la verità vi renderà liberi” (Gv, 8.)
La Verità non è riferibile ad una formula algebrica,
quanto piuttosto alla realizzazione di un indicibile sovra-senso portato
all’animo da un eminente principio ispirativo.
E’ la completa legittimità
sovrannaturale, riferita alla complessiva attuazione umana intesa come effettuale
compimento del primo significato simbolico, esemplificato nella figura del
Cristo, che rivela se stesso anche attraverso il significativo titolo
messianico del “Figlio dell’uomo”.
Tale ideazione immerge la sua memoria in una realtà preesistente
ai motivi, peraltro insondabili, di una sopraggiunta corruzione dell’essere e maggiormente solidificatasi nell’uomo attuale
– che è sempre “humus” – remotamente
pervaso di un'unica essenza puramente intuitiva a cui può ancora pervenire (pur
non essendo esente da tormento) per realizzare la perfetta conformità
all’originaria virtualità geniale.
L’inganno archetipico compiuto dagli Arconti, costituisce
il nostro ostacolo all’ampliamento della piena consapevolezza, proiettata ben
oltre lo spettro delle frequenze che addensano l’evidenza del Cosmo, impedendo
la perfetta rammemorazione delle nostre Origini; le quali,
indubitabilmente, sono da ritenersi come Origini Splendenti e pre-universali.
Quando nel Vangelo di Tommaso il Cristo afferma: “Io
sono la luce che sovrasta tutte le cose. Io sono il tutto. Da me tutto è venuto
e a me tutto giunge. Spaccate un legno e io sono lì. Sollevate una pietra e lì
sotto mi troverete”, tale dichiarazione indica chiaramente il “residuo geniale” internato nel vortice
addensante gli elementi fisici della creazione. La sua sussistenza emblematica è
appunto intuita nell’ineffabile principio immateriale che anima la carne e che
la rende effettivamente cosciente di sé stessa.
Ancora in Tommaso: “I suoi discepoli dissero:
Istruiscici sul luogo ove tu sei, giacché per noi è necessario che lo
cerchiamo. Egli rispose loro: Chi ha orecchie, intenda. Nell'intimo
di un uomo di luce c'è luce e illumina tutto il mondo. Se non illumina, sono
tenebre”.
Il Cristo non è entità a se stante, ma, esemplare
idealità: radice splendente dell’uomo, ri-connesso alla sua ideazione aurorale (ingenua e geniale) e
da ritenere pre-corporea. Tale ideazione è una forza sovrana e assoluta,
preesistente allo stesso universo e che in esso misteriosamente fluisce,
benché, nel Ciclo attuale dimostri di ristagnare irrisolta negli spazi
inesplorati del nostro opacizzato nucleo
spirituale.
E’ attraverso la perfetta ideazione di noi stessi,
ideazione elevata e svincolata dal nostro sotto-io volgare e, pertanto, è
attraverso l’ideazione genialmente
cristica, che arriviamo a distendere – In
interioritate – la vasta connessione di un insieme simbolico e multiforme, propriamente
definibile come lucente, il quale, attraverso la nostra finitezza materiale,
prodigiosamente unisce il transitorio al senso dell’immanenza.
E’ una composita catena di somiglianze e analogie,
la cui veridicità acquisisce piena individuazione nella sola nostra sensibilità cardiaca e solo in seguito è
trasposta, imperfettamente, alla diminuita comprensione intellettuale.
Si potrebbe ritenere non esserci alcuna autentica facoltà di libero arbitrio, almeno
finché rimaniamo insaccati nell'individuazione sviante fornita dall'ego (abile
manomissione identitaria operata in noi dai cosiddetti Arconti).
L’ego si radica nell’appagamento di circostanze
essenzialmente volgari ed effimere, adorando l'idea di poter acquisire sempre
nuovi motivi di gratificazioni spettrali, siano esse materiali o mistiche ma
che in realtà si palesano come una sequenza
interminabile di trappole emozionali, pretesti di continue dispersioni
emotive ed energetiche; tanto nella gaiezza che nella disperazione.
Il libero arbitrio, in definitiva, consisterebbe unicamente
nella sola facoltà di estinguersi a se stessi, agendo in se stessi, operando non
per effetto di un’annebbiata determinazione
nichilista, ma, con il detergere progressivamente lo specchio interiore del cuore.
Una volta rimossa gran parte della sua ossidazione mistica, vi potranno convergere i raggi sovrasensibili della qualità aurea convenzionalmente definita come Grazia, (pura rammemorazione geniale) affinché, estinguendo in se stessi il condizionamento ottenebrante imposto dall’ego, possa ridestarsi la propria legittimità' spirituale. Interiorizzare il fuoco puramente archetipale, (vale a dire la fiamma cristica) per ottenere pieno significato degli esisti che sono ascrivibili alla morte e resurrezione puramente iniziatiche; troppo spesso equivocate nel conseguimento di un ulteriore gratificazione o ulteriore accrescimento della propria identità terrena.
Una volta rimossa gran parte della sua ossidazione mistica, vi potranno convergere i raggi sovrasensibili della qualità aurea convenzionalmente definita come Grazia, (pura rammemorazione geniale) affinché, estinguendo in se stessi il condizionamento ottenebrante imposto dall’ego, possa ridestarsi la propria legittimità' spirituale. Interiorizzare il fuoco puramente archetipale, (vale a dire la fiamma cristica) per ottenere pieno significato degli esisti che sono ascrivibili alla morte e resurrezione puramente iniziatiche; troppo spesso equivocate nel conseguimento di un ulteriore gratificazione o ulteriore accrescimento della propria identità terrena.
I cosiddetti Felici
conseguivano una nitidezza interiore che nulla ha a che fare con l’idea stessa
di morale o moralità comunemente intese, casomai, le prime circostanze
interiori che realizzavano erano gli effetti di un accrescimento maggiormente
sereno della concentrazione mai disgiunta dalla compassione.
La nostra effettività consiste in un puro enigma, un
enigma propriamente ingenuo e geniale, devastato, macchiato, indicibilmente
gravato da molteplici contraffazioni coagulatesi nell’ombra interiore di un ego che non molla
la presa e distorce continuamente il nostro cammino di consapevolezza,
alterando la percezione che abbiamo di noi stessi con l’innescare senza sosta
capricci variegati, paure, arroganze, mutevoli insoddisfazioni astratte
e destinate a non essere mai risolte in se stesse, poiché la loro unica finalità
è quella di determinare una continua emorragia emozionale.
Siamo macchine biologiche ed anche scrigni sensibili,
custodi (più o meno coscienti) di una forza radiante che appena è bramata subito
si dissolve, lasciandoci consumare nella livida impotenza.
Desideri bassi, confusioni interiori costituiscono un
vero e proprio delirio, un’autentica febbre emozionale i cui fervori spuri
attirano le cosiddette ombre, che succhiano fino al midollo la nostra
quintessenza aurifera dispersa dall’intimo smagamento.
La saldezza emotiva è da considerare come l’effettivo involucro
immateriale atto a custodire la quintessenza aurifera, e da qui, appunto, nel vangelo di Tommaso, origina l’invito allegorico a cingersi
i fianchi di grande potenza.
Disarticolandoci emotivamente, prede di fisime, di
morbosità, così come di complessi irrisolvibili e paure profonde, diminuiamo l’integrità
della nostra protezione intangibile e di sicuro, dall’oscurità, “qualcuno” arriva
a noi insinuandosi tramite l’innesco di un ego non controllato.
Incapaci di ricordare, pertanto, di elaborare l’interiore
“quintessenza aurifera” sussistiamo unicamente come parodia di esistenze tristemente
ingannate in se stesse.
Per questo, solo nel poter dare effettiva realtà al felice dissolvimento interiore, che l’esistenza
diviene esperienza degna di essere vissuta fino alla fine e in cui subentra il pieno
valore della ricerca alchemica, della sua essenza puramente geniale, sostanzialmente amara e
salutare. Generalmente, ciò che gratifica con troppa immediatezza si offre alle
inavvertibili ma sicure strumentalizzazioni attuate in noi dalla falsa coscienza.
Si svanisce a se stessi dissolvendo da se' ogni
aspettativa detta “inferiore”, cercando
di realizzare qui e ora gli effetti di una specie di gioia segreta, infiammata nella comunione che possiamo realizzare
con le correnti puramente Geniali e pre-esistenti all'inganno arcontico.
Come riuscirvi è inesprimibile e ciò
giustificherebbe anche il parlare astruso di tutti gli antichi trattati di
alchimia, volendo questi preservare all’interno di un vero e proprio labirinto
lessicale, il significato di un operazione estremamente semplice quanto acutissima,
i cui esiti, peraltro, contraddicendo la dottrina dogmatica imposta dalla Chiesa, all'epoca esponevano i ricercatori a rientrare nelle mire della feroce Inquisizione.
Considerando la zona estrema in cui è giunta l’Età
attuale, altri motivi per realizzarsi autenticamente sarebbero da considerare a
tutti gli effetti come iniquità e trastulli di coscienze distratte o annoiate
di se'.
Ognuno è chiamato a risolversi in se stesso,
peraltro, dichiarandosi estraneo, seppur
attentamente partecipe, alla "macchina" costituita dall’involucro
esteriore del corpo fisico.
La via sapienziale dell’alchimia è connaturata al
tracciato del Cristo e ad esso si sovrappone. E' una via estrema e disagevole
ma, dovremmo considerarla come l'unica percorribile, per nulla facile sebbene
estremamente semplice, ed è proprio questa sua estrema semplicità a provocare
una sorta di cortocircuito dialettico nella nostra mente indurita dalla razionalità,
gravata da fisime e aspettative di affermazione; poiché come rammenta Don Juan
al suo adepto, la mente dei Predatori
è tetra e barocca e, mediante una remota manipolazione, hanno amplificato in
noi la predisposizione alla complicazione congetturale, favorendo così la
nostra continua prossimità all’inganno.
In definitiva, ciò che una persona deve essere è,
realizzando o non realizzando la propria identità storica occasionale, poi in
ogni caso arriva la dissolvenza.
Aspirazione balorda dei transumanisti, coloro che attualmente dimostrano essere tra i più invischiati nella matrice arcontica, è appunto quella di sconfiggere la morte fisica, che in definitiva vale il voler sconfiggere la vita, attraverso una sua fissazione automatizzata.
Aspirazione balorda dei transumanisti, coloro che attualmente dimostrano essere tra i più invischiati nella matrice arcontica, è appunto quella di sconfiggere la morte fisica, che in definitiva vale il voler sconfiggere la vita, attraverso una sua fissazione automatizzata.
Così come l’aspirazione altrettanto deleteria di
mistici snervati, consiste nell’assurdità di voler garantire a se stessi la
perduranza della coscienza egoica anche
dopo la dissolvenza del corpo fisico, intendendo programmare attraverso
improbabili meditazioni la successiva incarnazione. Volendo ostinarsi nell'ottenere un’astrusa estensione della
propria identità umbratile, il cui
effetto, in definitiva, sarebbe solo quello di amplificare l’inganno arcontico
in dimensioni coeve alla nostra presente.
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